Ubi tu Gaia, ibi ego Gaio

Le mille foto da scattare, il ghiaccio sulla strada del ritorno, il freddo, le tue sveglie ed i miei risvegli forzati, i piedi doloranti, Firenze sotto la pioggia, le sigarette spezzate , fumate, scroccate, comprate, spente. I paletti abbattuti in retromarcia, le nipoti-notaio, i fuochi d’artificio alle spalle e l’infinita dolcezza di cui si era capaci.

Saperti felice era, per me, la pace dalla malinconia.

Quando la civetta ci dava il saluto

Biglietto giá stampato e ripiegato in tasca. Piú che una partenza, il saluto che mi appresto a dare, e’ una fuga.

La paura, terribile, ossessiva, che fa sudare nel sonno, è lo spaesamento di chi si è perso.

I nostri treni ti lasciano vedere gli ulivi abbastanza a lungo da far credere che si stia tornando a casa passeggiando.

La sera, quando l’aria si fa piú leggera e sottile, la civetta saluta il “tavuto” ed un sospiro di vento si nasconde nei fossi.

Boh!

E’ un mondo di pesi e misure alterati. Spesso ci si sdegna per il troppo amor proprio di alcuni individui, molto piú spesso si resta sbalorditi dalla totale assenza di dignitá in taluni commedianti.

05.15

Il tempo passa, si sa’, inesorabile, conservandoci in questa istantanea sbiadita nei soggetti ma rinfrescata nei colori. La mia colpa è quella di esser partito senza contare il dazio che avrei trovato alle varie frontiere degli anni. Non poteva, e non doveva, quel che ho lasciato rimanere intatto ed inviolabile.

Chi li riconosce più questi loschi individui?

Sono mezzo

Forse la vera amarezza sta nell’aver preso coscienza che bisognerebbe e dovrei ricominciare a costruire tutto da capo. Negli affetti, nelle relazioni, nel senso di rispetto.

Vabbè.. poco male.. teng u ce fa!!! Lassa fa a Dio. Cià

Sogno di una notte di quasi estate

[…]

-” E che fai? Fumi ora? ”
-” Ehm.. non ti avevo visto, scusami. Si, fumo da qualche anno e fumo anche troppo. Ma come stai? ”
-” E come vuoi che stia? Sto bene! Come stai tu, piuttosto.. ”
-” Ed io sto. Alti e bassi. Lo sai che son studente universitario? Studio a Firenze da due anni. Son stato anche due anni a Napoli. ”

– ” Napoli? ”
– ” Si, Napoli.. ”
– ” Ci son stato a Napoli. Una volta, tanto tempo fa. Bella.. ”

– ” Bell.. parliamone ”
– ” C’era tanto sole ed il mare. Non lo sapevo mica che era così grande il mare. ”

– ” E’ grande. Ma cosa ci facevi tu a Napoli? ”
– ” Non ricordo. E’ passato tanto tempo. ”
– ” Non sei cambiato. Sei sempre bello come ti ricordavo. ”
– ” Sarà che il tempo, oramai, per me non passa più. ”

– ” Passa per noi. ”
– ” Si, passa per voi! ”

(spengo la sigaretta )

– ” Ma perché non ci sediamo? Te la ricordi questa panchina? ”

( sorride)

– ” La ricordo… la ricordo. Ricordo mio fratello su quel gradone. Gli occhi di mia moglie la prima volta che l’ho vista vicino a quella madonnina ed il cielo nero quando partii per la Germania. ”
– ” Ulm! ”

– ” Andavo ad Ulm, si.. Ma mamma tua? ”

– ” E mamma.. mi sa ca è giut a fa a spes.. aspè la chiamo! ”

– ” La chiami? ”
– ” Si con il cellulare.. scus.. non sà ce iè u cellular? ”
– ” No! ”

– ” Un telefono senza fili! ”
– ” Vero? ”
– ” Verissimo. Aspetta, ti faccio vedere! ”
– ” Lass perd.. non n’ capisc’ d’ st’ cos’ .. lass’ sta!!! ”

– ” Ma devo chiamare a mamma… ”
– ” Lass’la scì.. ten ce fa.. ”
– ” Ma.. ”

– ” T’è ditt lass’ perd’! ”
– ” Va bene. ”

– ” Ora devo andare. ”
– ” Di già? ”

– ” Incombenze. ”
– ” Ne hai? ”

– ” Uff.. che te lo dico a fare! ”

– ” Ma dai.. ”

( mi accarezza il viso )

– ” Sei freddo! ”

– ” Sei tu caldo! ”
– ” Ma un caffè? Ce lo prendiamo un caffè? ”
– ” Ehehe.. bevi anche il caffè? Allora sei proprio cresciuto. Lo prenderei volentieri ma devo andare.  ”

– ” E quando ci rivediamo? ”
– ” A tempo e luogo! ”
– ” E mamma? Tua moglie? Angela? ”
– ” Le saluterai per me. ”
– ” Ciao Nonno! ”
– ” Cià bell’ wuagliò… e non fumann tropp.. è spicciat u pacchet! ”

( mi tocco la tasca e sento il pacchetto di sigarette leggero )


– ” Nulla ti sfugge! ”
– ” Nulla mi sfugge più! “

Moleskine n°4 ( 11 Gennaio 2010 )

I chierichetti zompettavano privi di peso nei mille risi leggeri della gente sospettosa e priva di phantasia. Un uomo, solitamente accipigliato e cupo, chinò il capo verso sinistra e sorrise nel vedere che le mille candele che seguivano i santi altro non erano che cilindri di caramello scuro usato per cuocere dolci come il Bònet e il Crème caramel. E forte suonò nell’aria quella melodia. I mille granelli di gioia caddero dagli alberi. La vecchietta seduta di fronte la casupola, come usanza dei paesi mediterranei,schiuse i suoi occhi,battè le mani e mille bambini discesero dal sassoso pendio. Con l’animo misto tra sbigottimento e commozione riconobbi nell’aria il profumo del pane.

Come ogni giorno il miracolo si era ripetuto.

 

L’ignoranza

So’ scopert, tard e tard, ca la d’sgrazj chiù grann

non è ‘na malatij ma l’ignoranz’.

 Eppur’, ce t’è disc, m par stran, 

ca’ u’ munn’ cambj,

e l’ cr’stian par’ ca so’ fatt’ cu pic’ e a pal’.

L’ignoranza, bada bene, non è chedd da scol.

A’ scol’ t dà a cultur ma se t’onn ammaccat’

a ‘mbrunizj ndà cap

pur ca u munn cambj tu ruman sempr na petr’.

L’ignoranza è l’invidia,

u trad’ment,

a lengua long’.

L’ignoranza è mal sopportazione

di chi è diverso e non chiede che pace.

L’ignoranza, bell mij, è d’ ci parl’ senza sapè.

Tuttavia ci avessa truà

tre ciccioccjr e n’ignorant

t’ha truat mienz a quatt bestj.

 

 

 

1 settembre

Il tempo era andato a farsi benedire oramai da giorni. Sotto le macerie di un palazzo abbattuto vicino Bazylika Mariacka, un orologio segnava le 4.45. La polvere ovattava Danzica, Aurel era morto e nelle tasche solo una sigaretta in carta di posta aerea. Lo squallore lasciava spazio al dolore, voci severe, risate sgraziate ed il futuro che si faceva destino sotto i cingoli dei Tiger. Accesi la sigaretta, la polvere si diradava come un sipario ed i volti scuri mi ricordavano foglie di tabacco seccate al sole. Inchino al plotone, un saluto a Maria ovunque lei fosse ed un oberek pensando ai gentiluomini di fortuna.

Moonlight Serenade

Riempiremo di sorrisi i campi
abbandonati ad erba spagna.
Mangeremo i gelsomini su 
di un albero lasciato al sole.
Saluteremo il giorno.
Saluteremo i passanti.
Saluteremo la notte.
Distesi, fronte alle stelle, 
a cantare vecchie canzoni.
Mi ci vorrebbe una bici, 
camicia, pantalone, cravatta
e borsalino.